lunedì 25 aprile 2016

Google Books: nessuna violazione del copyright

Google Books: nessuna violazione del copyright

Dopo un lunghissima battaglia legale, durata oltre dieci anni, Google Books ha avuto la meglio sull'Authors Guild, il più grande e antico sindacato americano degli scrittori, e potrà continuare a scansionare milioni di libri e metterli online gratuitamente.



Secondo la Corte Suprema americana non esiste nessuna violazione di copyright per l'operato di Google stabilendo quindi come legale l’opera di scansione di libri e manoscritti. Secondo il parere del giudice federale Denny Chin, il cosiddetto “Library Project” utilizzato da Google Libri rientra nella categoria del “fair use”, ovvero la presentazione a scopo didattico o di documentazione di materiale coperto da copyright.
L'Authors Guild aveva avviato la causa nel 2005, dopo che Google, grazie a un accordo ottenuto con le biblioteche di diverse università americane (tra cui Harvard e Stanford), aveva iniziato il suo progetto di scannerizzare e poi rendere disponibili online milioni di volumi. Negli accordi sono entrate anche biblioteche come quella di Roma e Firenze.

La sentenza della Corte Suprema sta scatenando un grande dibattito, soprattutto negli Usa. Immediata la reazione degli autori americani che in una nota ha affermato: “La corte suprema ci vorrebbe dire che Google può guadagnare dai profitti della digitalizzazione dei nostri libri, il prezzo di tutto questo lo pagherà la cultura americana”.  Di contro, la nota del colosso della Silicon Valley è stata: "Google Books offre benefici pubblici, promuove il progresso delle arti e delle scienze, pur rispettando i diritti degli autori e dei creatori, e senza avere impatti negativi sui detentori del copyright".

Insomma, anche se non ci potranno essere ricorsi, e quindi la vicenda giudiziaria è definitamente chiusa, restano aperti interrogativi di non poco conto. Riporto qui l'opinione di Andrea Zanni, ex presidente di Wikimedia Italia, ora bibliotecario digitale, responsabile del progetto open Mlol (Mlol è il primo network italiano di biblioteche digitali pubbliche). Zanni, in una intervista a Repubblica spiega i due risvolti della decisione della Corte: “Da una parte, l'istituzione americana rafforza il principio per cui tutti, studiosi e non solo, abbiamo il diritto alla conoscenza. E Google fa di più: non si limita a scansionare, fa anche text mining, cioè indicizza i testi e analizza i dati. Allo stesso tempo, però, delegare la digitalizzazione del sapere a una multinazionale rappresenta un rischio. E se Google a un certo punto "chiudesse" quel sapere? Se utilizzasse quei dati a proprio vantaggio competitivo? Ad esempio, Big G può mettere a frutto tutti quei testi per darli in pasto ai propri sistemi di intelligenza artificiale, in modo da collaudarli, "allenarli" ed essere più competitiva di altri. La questione va al di là del copyright: il 70% delle opere di biblioteca è "orfano", lasciare questo patrimonio in mano a una multinazionale significa anche darle una sorta di delega alla cultura".

Mi trovo perfettamente d'accordo con i dubbi e le questioni poste da Andrea Zanni. E voi? Cosa pensate al riguardo?

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